La notte di Tokyo ci ha portato un altro grande e prestigioso argento, ma anche un oro sfumato per millimetri.
È comunque festa azzurra nelle acque di della Sea Forest di Tokyo con Manfredi Rizza, secondo nel K1 200, la gara più veloce del programma olimpico della canoa. L’azzurro ha chiuso in 35″080 alle spalle dell’ungherese Sandor Totka (35″045) con un finale thrilling. Terzo posto per il britannico e campione uscente Liam Heath (+0.167).
30 anni di Pavia, sesto ai Giochi di Rio, ingegnere meccanico con una laurea magistrale in nanotecnologie e atleta del gruppo sportivo dell’Aeronautica Militare, allenato da Stefano Loddo, Rizza è il primo azzurro sul podio olimpico nel kayak velocità dal 2008.
“Ho tenuto duro, ma purtroppo c’era qualcuno più duro di me. Ma sono molto contento del risultato” il suo commento a caldo “anche se sono arrivato vicinissimo all’oro. È stata una gara praticamente perfetta, con un’uscita fortissima dal blocco. E poi ho dato tutto quello che potevo”.
In questa stagione il canoista lombardo, che si prepara nel campo di regata della Canottieri Mincio, a Mantova, ha raggiunto una grande continuità di rendimento, piazzandosi costantemente tra i primi cinque al mondo e vincendo il titolo europeo a giugno nelle acque di Poznan nel K2 200 insieme al palermitano Andrea Di Liberto, ma era stato quinto nel K1 200.
Quella di oggi è la tredicesima medaglia italiana ai Giochi nelle gare del kayak velocità. La prima era stata il bronzo a Barcellona 1992 di Bruno Dreossi e Antonio Rossi nel K2 500 (gara non più nel programma olimpico), seguita dall’argento di Beniamino Bonomi ad Atlanta ’96 sempre nel K2 500.
Ai Giochi del 1996 Bonomi vinse l’argento nel K1 1000 e, proprio nelle giornate conclusive, Rossi fu oro olimpico nel K1 500 e nel K2 1000 assieme a Scarpa. Rossi, quattro anni dopo, si confermò campione olimpico ma assieme a Bonomi.
Ad Atene 2004, Rossi e Bonomi furono argento e quattro anni dopo Facchin e Scaduto di bronzo. In campo femminile vanno annoverate le quattro medaglie, compreso l’oro di Sydney 2000, di Josefa Idem.