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La Procura di Rimini apre un'altra inchiesta sulla morte di Pantani

Un memoriale di 51 pagine è stato consegnato dalla famiglia di Marco che è riuscita ad ottenere l’apertura di un nuovo fascicolo dalla pm Melotti.

La Procura di Rimini apre un'altra inchiesta sulla morte di Pantani
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22 Novembre 2021 - 16.55


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La famiglia di Marco Pantani non si arrende e con l’obbiettivo di scoprire la verità su ciò che realmente accadde quel 4 febbraio 2004 nel bilocale del residence Le Rose di Rimini, ha consegnato un memoriale di 51 pagine al procuratore capo di Rimini, Elisabetta Melotti.
La mamma Tonina e il papà Paolo cercano di ridare una nuova luce al proprio figlio, morto a soli 34 anni.
Infatti, ciò che è emerso dalle due inchieste precedenti, del 2004 e del 2014, confermate anche da altrettante decisioni della Corte di Cassazione, è che il ciclista di Cesenatico è morto per overdose di cocaina.
La famiglia non ha mai creduto a questa ipotesi e adesso è riuscita a far aprire alla Procura di Rimini una nuova indagine per capire se sia stato o meno qualcuno ad ucciderlo.
“Non voglio vendetta ma soltanto verità e giustizia. La verità non è ancora emersa”, ha detto la signora Tonina.
A spingere in particolar modo i genitori del Pirata a continuare la propria battaglia sono stati Fabio Miradossa, colui che forniva a Pantani la cocaina e il quale nel 2019 affermò che “Marco è stato ucciso”, e Renato Vallanzasca, ex boss della malavita milanese che riportò alla luce dichiarazioni fatte da esponenti della criminalità organizzata vicini alla camorra sull’esclusione per ematocrito alto di Pantani dal Giro 1999, stravinto, a due tappe dalla fine. 
“Mi dissero di scommettere contro Pantani perché non avrebbe finito il Giro”.
Queste parole feceero entrare nel caso anche la Commissione Antimafia, che in questi anni passati ad ascoltare detenuti, ha secretato i verbali, che ora sono arrivati per competenza alla Procura di Rimini. 
La riapertura dell’inchiesta nel 2014 fu possibile grazie alla ricostruzione della famiglia Pantani e del suo legale di allora, l’avvocato De Rensis, sullo stato in cui si trovava il bilocale nel residence Le Rose: completamente a soqquadro, ma con incongruenze pesanti tra le immagini riportate nei video della Polizia e le testimonianze di chi soccorse lo scalatore romagnolo.
Questa seconda indagine è stata archiviata due anni dopo dal Gip Cantarini che ritenne l’ipotesi di omicidio “una mera congettura fantasiosa” e la morte di Pantani causata da “assunzione, certamente volontaria, di dosi massicce di cocaina e farmaci antidepressivi”.
La decisione fu poi confermata nel 2017 dalla Cassazione, che aveva respinto il ricorso della famiglia.
Le sentenze per ora arrivate dal caso sono tutte riconducibili all’unico processo fin qui svolto subito dopo la chiusura delle indagini nel 2004, durate meno di due mesi.
Vennero condannati a 4 anni e sei mesi Fabio Carlino, ex manager di discoteche, “per spaccio e morte come conseguenza dello spaccio”; a 3 anni e 10 mesi il “corriere” Ciro Veneruso, accusato di aver portato la cocaina a Pantani, mentre Fabio Miradossa, ritenuto il fornitore della cocaina, patteggiò una pena di 4 anni e 10 mesi per poi essere assolto dalla Corte di Cassazione perché il “fatto non sussiste”.

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