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Il mondo del calcio piange la scomparsa di Tarcisio Burgnich, la “Roccia”, morto questa notte nella sua casa in Versilia, dove viveva da molti anni.
Il nome del difensore è legato indissolubilmente al club nerazzurro con cui ha conquistato tutto: 4 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e due Coppe intercontinentali. Tuttavia, nella sua “agenda” figura anche un campionato con la Juventus nel 1960-61 e una Coppa di lega italo-inglese con il Napoli nel 1975-76.
Con la Nazionale azzurra, invece, ha collezionato in totale 66 presenze e due gol: alzò la Coppa del campionato europeo nel 1968, quello delle due finali di Roma, e fu titolare nella difesa azzurra del mondiale messicano del 1970 perso in finale contro il Brasile di Pelé (in quell’occasione è passato alla storia lo scatto in cui Pelé volò in cielo e Burgnich che non riuscì a fare altrettanto).
Una volta lasciato il calcio, Burgnich ha intrapreso la carriera di allenatore ma senza troppi successi: è stato tecnico di Catanzaro, Bologna, Como, Livorno, Foggia, Lucchese, Cremonese, Genoa, Ternana, Salernitana, Pescara e L.R. Vicenza. Dopo aver lasciato il lavoro di allenatore divenne osservatore dell’Inter.
Quello di seguito è una parte del ricordo espresso dall’Inter sul sito ufficiale: “Ci sono degli uomini che vorresti sempre avere al tuo fianco, dei calciatori che vorresti sempre nella tua squadra, delle leggende che vorresti facciano sempre parte della tua storia. Tarcisio Burgnich ha incarnato la forza e i valori del nostro Club e l’Inter ha avuto il privilegio di vederlo lottare per i propri colori: statuario, implacabile, umile e sempre leale. Entrato nella storia della Grande Inter e nella memoria dei tifosi nerazzurri per la grande tempra ed il carattere che mostrava in campo, ha formato con Giacinto Facchetti una delle coppie di terzini più forti del mondo in quell’Inter dove la difesa era un punto fermo, forgiata dal “mago” Herrera con campioni preparati atleticamente e mentalmente per affrontare e fermare ogni tipo di avversario. Come nella partita che Burgnich ha portato sempre nel cuore, giocata due anni dopo il suo arrivo in nerazzurro, quella finale contro i mostri sacri del Real Madrid di Di Stéfano, Puskás, Gento, “quelli che noi avevamo visto solo nelle figurine”. Un giorno che riuscì a stravolgere le gerarchie e a portare la prima Coppa dei Campioni nella bacheca nerazzurra. E poi la storia che si ripete, esattamente un anno dopo, contro il Benfica di Eusebio a San Siro (…) Umile e determinato, insuperabile per gli avversari e prezioso alleato per i suoi compagni: oggi il suo sguardo fiero e la sua forza sono ricordi preziosi, un’immagine che rimarrà sempre impressa nella nostra storia. Ciao Tarcisio, sarai sempre la nostra “Roccia””.
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