Era la classica più attesa e i pronostici che si facevano alla vigilia sono stati ribaltati.
Il trionfo più atteso e sudato, quello che spezza un digiuno di 28 anni per un popolo intero e che finalmente consacra in nazionale il più grande giocatore al mondo: Argentina campione del Sud America e Messi finalmente trionfante anche con i colori albicelesti.
Dopo 14 anni di tentativi, la Pulce salda il conto in sospeso con il destino prendendosi quella Coppa sfuggita per tre volte a un passo dal traguardo (nel 2007, 2015 e 2016).
Lo fa proprio al Maracanà, dove ha ingoiato il boccone in assoluto più amaro della carriera, la finale mondiale persa nel 2014 contro la Germania.
Stavolta, contro gli storici rivali di una vita, l’Argentina libera l’urlo di gioia grazie a un gioiello di Di Maria nel primo tempo.
Quanto basta all’Albiceleste per mettere le mani sulla sua 15° Coppa America (eguagliato il primato dell’Uruguay) e interrompere l’imbattibilità brasiliana al Maracanà che durava dal 1998.
Brasile e Argentina partono a ritmo lento, si studiano e soprattutto se le danno di santa ragione, almeno nei primi 30’.
Seleçao ci prova timidamente sbattendo il muso contro la compatta linea arretrata di Scaloni guidata da Romero e Otamendi, autori di una prestazione senza la minima sbavatura. L’Argentina risponde invece sfruttando gli spazi concessi soprattutto sulla corsia destra e colpisce al primo tentativo, al 21’: preciso lancio di 40 metri di De Paul per Di Maria, controllo di sinistro e morbido pallonetto che non lascia scampo a Ederson. È il primo raggio di luce della serata, quello che dà fiducia ed entusiasmo a un’Argentina che legittima il vantaggio con altre due insidiose conclusioni di Messi e Di Maria.
Per i padroni di casa, al contrario, solo un velleitario e innocuo destro di Casemiro nei primi 45’. Nella ripresa Tite inserisce subito Firmino e Vinicius per Fred ed Everton e la difesa albiceleste è chiamata agli straordinari. Il pericolo numero uno per l’Argentina diventa Richarlison, che sfonda facilmente dalle parti di Acuna confezionando due grosse occasioni in società con Paquetà.
Sulla prima, al 53’, arriva il gol annullato in sala Var per fuorigioco di partenza dello stesso Richarlison, che al 55’ impegna Martinez sul primo palo. Nel frattempo, l’Albiceleste si chiude a riccio passando alla difesa a cinque. La scelta di erigere le barricate premia la Seleccion, trincerata nell’ultimo quarto d’ora contro un Brasile con chiude con ben cinque attaccanti senza alcun risultato. Tra i migliori in campo, insieme a Di Maria, gli “italiani” Romero e De Paul.
Quinto faccia a faccia tra i due fuoriclasse, ma il primo che valesse un titolo. Al di là della gioia finale, nel confronto a distanza la spunta Messi pur non brillando come al solito. La Pulce non riesce a incrementare il bottino personale di 4 gol e 5 assist, che gli vale comunque il titolo di capocannoniere (in coabitazione con il colombiano Diaz), ma mette i brividi a Ederson con un sinistro a lato al 32’ oltre ad aprire costantemente spazi per Lautaro e Di Maria.
Poco per i suoi standard, considerato anche un grossolano errore a tu per tu con Ederson a pochi minuti dal fischio finale. Ma fa ancora meno Neymar, risucchiato dalle fitte maglie della difesa argentina senza riuscire mai a trovare lo spazio buono o la giocata ad effetto. Da lui solo un destro strozzato al 12’ dopo una bella sponda di Richarlison e una punizione malamente calciata sulla barriera, poi tanto nervosismo, proteste e battibecchi, conseguenza di una serata nettamente sottotono.
Parziale riapertura al pubblico per l’occasione, ma non tutto è andato per il meglio: con un totale di circa 7 mila spettatori ammessi sugli spalti del Maracanà, alcune decine di persone si sono presentate ai tornelli esibendo falsi certificati vaccinali per ottenere il via libera all’ingresso.
L’allarme è stato lanciato poche ore prima del calcio d’inizio dal laboratorio incaricato delle analisi dei tamponi, il tutto mentre davanti ai cancelli dell’impianto crescevano gli assembramenti.