Alle 14 di oggi è cominciata la conferenza stampa con cui è stata resa ufficiale la separazione tra Fabio Paratici e la Juventus, con il presidente Agnelli presente a fianco dell’ex direttore a parlare di svariati temi, uno su tutti quello dell’allenatore ma anche del caos intorno alla Superlega e alle possibili sanzioni da parte dell’Uefa, non volendo però rispondere ad alcuna domanda ma volendo spiegare il proprio punto di vista anche perché la giornata era dedicata alla fine di un sodalizio tanto lungo quanto di successo con l’ex braccio destro di Marotta.
La stagione appena passata e il futuro– Il presidente ha voluto cominciare porgendo un saluto e un ringraziamento all’ex allenatore Andrea Pirlo, parlando della questione fallimento in una stagione che ha consegnato alla Juve due trofei e una qualificazione alla prossima Champions League che fanno vedere al presidente il bicchiere mezzo pieno perché “se sbagliare un anno su dieci vuol dire questo diciamo che non vogliamo sbagliare ma siamo disponibili a sbagliare un anno ogni tanto”.
Il presidente ha proseguito ribadendo che “bisogna imparare dagli errori commessi da parte di tutti che innegabilmente durante l’anno ci sono stati perché non sempre abbiamo trovato le risposte che avremmo voluto trovare a momenti di difficoltà”, parlando anche del ritorno di Allegri in panchina, sottolineando la determinazione, la voglia e la grinta di ributtarsi sull’avventura in campo da parte del tecnico livornese e del suo staff.
Superlega– Agnelli ha affermato che per anni ha cercato lui stesso di cambiare quantomeno le competizioni europee dall’interno, riuscendo piano piano ad arrivare alla presidenza dell’Eca senza riuscire però a cambiare le cose, rivendicando la proposta congiunta Uefa-Eca del 2019 “per me ottima, tant’è che fu sostenuta dai club di seconda, terza e quarta divisione” aggiungendo però che “il sistema non si può non analizzare come concentri in un monopolio il potere esecutivo, legislativo e giudiziario sul calcio europeo, riservando all’Uefa”, conclude lo stesso ex presidente dell’Eca, “la responsabilità quasi arbitraria di assegnare le licenze”.
Afferma successivamente che la Superlega non sia stato un colpo di stato “ma un grido di allarme per un sistema che si avvia verso uno stato di insolvenza”, accusando la Uefa per le sue risposte di totale chiusura alle proposte dei vari club con l’arrivo a minacce di esclusioni di soli tre club, “diffuse con metodi arroganti e indebite pressioni”.
Secondo il presidente della Juventus non è in questi modi che si riforma il calcio, rivelando di sapere che fortunatamente nell’Uefa non tutti la pensano come il presidente Ceferin, ribadendo che le basi della proposta della Superlega rimangono le stesse ma “il desiderio di dialogo con Uefa e Fifa è immutato”, ha aggiunto, concludendo il tema Superlega dicendo che “Juventus, Real Madrid e Barcellona sono intenzionati a portare avanti le proprie proposte, anche in solidarietà con chi ha dimostrato paura nell’aderirvi”.
Il rapporto con il dirigente– Dopo aver preso parola per parlare dell’anno appena concluso e dei progetti futuri oltre al rapporto con l’Uefa, Andrea Agnelli ha proseguito volendo parlare solo di Paratici e della sua leadership sotto la quale sono arrivati in undici anni 9 scudetti, la creazione e la vittoria della Coppa Italia di serie C con l’Under 23, la Juventus femminile che ha vinto 4 scudetti tra i vari trofei, e i giocatori “che ha portato qui da noi nella veste di direttore sportivo prima e Chief of Football poi, ne cito tre: Tevez, Dybala, CR7”.
Il presidente cita anche l’unico rimpianto in un mare di trattative concluse a buon fine, quel Robin Van Persie “con quella cena organizzata a casa mia” ha rivelato, ricordando vari momenti del suo rapporto di lavoro con Paratici, dai festeggiamenti alle telefonate, parlando di lui come “un uomo istintivo, che segue il suo talento, ma anche responsabile, ma soprattutto un uomo vincente” perché, dice Agnelli, “ha gestito la Juventus in uno dei momenti più difficili della storia del calcio”, dichiarando che dall’interno ha avuto la sensazione che gli ultimi due anni, raccontati a suo avviso “quasi normalmente” dai media, siano stati invece il contrario, non avendo nulla di normale per chi ha vissuto da dentro il calcio.
Prima di passare la parola all’uomo del giorno, ha concluso dicendo che trovare parole fosse difficile ma a livello personale e in nome di tutta la società per l’ex membro della dirigenza bianconera lo ha ringraziato per gli anni fantastici passati insieme, con Paratici che ha ricordato il goal di Borriello a Cesena (con la vittoria al Manuzzi per 1-0 la Juventus si avvicinò al primo scudetto dell’era Conte) come il ricordo più bello che si porterà dietro.
Tocca a Paratici– Interrogato sulla trattativa che più di tutte ha portato alla ribalta il suo nome, Paratici ha detto che la trattativa che ha portato Cristiano Ronaldo è stata veloce e diretta mentre quello di Dybala “è stato uno degli acquisti più rischiosi della mia carriera perché era molto giovane”, per quanto riguarda le decisioni che hanno suscitato discussioni tra gli addetti ai lavori e non solo, come il ritorno di Allegri, il dirigente ha affermato che le decisioni prese sono da contestualizzare in un preciso momento perché “il migliore è colui ceh sbaglia meno, non chi non sbaglia”, con il presidente che gli fa eco: “Chi sta alla Juve sa che può trovare ostacoli di vario tipo ma non è questo il motivo che ci ha portato alla nostra decisione di salutarci”.
“E’ sbagliato chiedersi se ci pentiremo di determinate decisioni in futuro, in questo momento questa è la decisione giusta” ha rincarato la dose Agnelli, prima che Paratici citasse Barzagli come acquisto a cui è rimasto più legato per il suo valore di giocatore e di uomo, aggiungendo che scegliere una giornata sola come simbolo o un aneddoto specifico sia difficile per la moltitudine di cose successe, come per il momento più difficile perché “in undici anni abbiamo preso tante decisioni pesanti, che non fanno dormire la notte”.
Il saluto finale- Infine il dirigente ha tenuto a ringraziare tutti coloro con cui ha avuto modo di lavorare, ritenendo passare dalla Juventus “una fortuna enorme di cui sarò sempre grato”, sentendosi un professionista migliore dopo che ha potuto “sperimentare, osare, lavorare in piena autonomia contando sulla fiducia di chi era con me”, ribadendo che la Juventus “ti rende migliore e di questo sono commosso, felice, orgoglioso e riconoscente”.