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Chiappinelli corre per le strade senesi come se fossero montagne etiopiche

Una nostra conversazione con Yohanes Chiappinelli, che dopo aver vinto gli europei a Berlino, si sta preparando per le Olimpiadi.

Chiappinelli corre per le strade senesi come se fossero montagne etiopiche
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3 Giugno 2020 - 15.46


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di Carmelo Miccichè

Solo una figura sfuggente veniva avvistata, nei giorni silenziosi del Lockdown, nel centro storico di Siena, ormai deserto: Yohanes Chiappinelli, in quei lunghi giorni ha trasformato la sua città in una pista per fare la sua preparazione fisica. Ogni giorno, per tanti, giorni alla stessa ora, le 10,30.

Dopo aver indossato le scarpe da ginnastica e il suo solito abbigliamento, firmato Diadora, il suo correre da gazzella si dipanava tra i saliscendi delle contrade, come fossero le ispide montagne dei suoi amici, mezzofondisti etiopi.
Conoscete i saliscendi di Siena? Provate a partire da Porta San Marco e, passando attraverso Pian dei Mantellini, a raggiungere il Duomo; poi a scendere per San Domenico, costeggiare la Fortezza Medicea prima di risalire verso Porta Camollia e da lì scendere, in centro, verso Porta Romana, la grande porta che apre il percorso della Francigena. 
20 km al giorno in un unico allenamento. Un atleta vero.  Poi il ritorno a casa che si trova nell’acropoli della città.

Quando me lo racconta è come se ripercorrere con la mente le strade battute ora dopo ora, giorno dopo giorno; come se fossero diventati i suoi viottoli: “Ovviamente avere la possibilità di correre sull’erba e avere appoggi morbidi sarebbe stato meglio rispetto all’allenamento sull’asfalto. Da quel punto di vista è stata molto dura. È stato difficile! Tutte salite…avevo delle cosce che facevano male a fare su e giù”.

Nonostante tutto, non ha mai perso la motivazione: “Gli atleti hanno bisogno di obiettivi per allenarsi, però dopo tutto un atleta fa sport anche per superare i propri limiti, anche in fase di allenamento”.

L’obiettivo principale, è evidente, sono le tante attese Olimpiadi.

Traspare dal suo sudore, dal suo parlarmi delle attese e delle speranze: “Quando è arrivata la notizia ufficiale che erano state rimandate, aggiungo anche giustamente perché la situazione che il mondo stava vivendo non era bella, non l’ho presa benissimo! È stato un brutto colpo perché è un sogno che coltivo fin da bambino, da quando ho iniziato a far atletica al ‘Campo Scuola Renzo Corsi’ di Siena”.

Si capisce che deve esser stato un vero e proprio incubo, un rompicapo. E lo rivela apertamente: “Inizialmente speravo le rimandassero di qualche mese più avanti, ma hanno preso la scelta più giusta e le hanno rimandate al prossimo anno. Come è solito dirsi: più l’attesa è lunga, più il desiderio aumenta. Di positivo c’è che avrò un anno in più per allenarmi, quindi non sono preoccupato. In realtà, adesso, sono molto motivato”.

È come se i suoi occhi fossero lo specchio di un periodo storico, quello del nostro isolamento e della paura del contagio, che rimarrà impresso nelle nostre menti: “Quando mi allenavo in città non c’era davvero nessuno. Da una parte era bello perché avevo tutta la strada libera, anche se faceva veramente impressione. Ho fatto anche qualche foto per ricordarmi quella sensazione. Solo dopo un po’ magari mi soffermavo a pensarci e realizzavo che non fosse una bella situazione, sembrava di stare in un film. Era tutto deserto. Quando vedevo persone erano tutte intimorite, se ti vedevano magari a 50 metri di distanza si allargavano e prendevano traiettorie completamente diverse per evitarti, avevano tutti paura del contatto. Noi atleti di interesse nazionale eravamo giustificati, fino al 4 aprile, ad allenarci tra le strade della città, anche se una volta la polizia municipale mi ha fermato. Poi dal 4 aprile al 4 di maggio mi sono allenato attorno e dentro casa. Le cose sono man mano cambiate”.

Allenarsi con la mascherina non è stato un gran problema: “Non mi dava molto fastidio, anche se avevo sentito –confessa-  che non facesse molto bene. Inizialmente era obbligatorio anche per noi corridori, dopo un po’ hanno capito fosse difficile”.

Correre, per il vincitore della medaglia di bronzo nei 3000 siepi agli Europei assoluti di Berlino del 2018, “è stato uno sfogo, uno svago, un bel momento di libertà”.

È d’altronde, un ventitreenne, abituato ad una vita frenetica caratterizzata dal costante viaggiare. Anche per questo l’essersi dovuto fermare, e vivere la quarantena in famiglia e dedicarsi anche allo studio, ha rappresentato una vera parentesi nella sua vita: “Viaggio davvero tanto.  A novembre sono stato in Kenya per poi spostarmi direttamente a Lisbona per una gara. Pensa che, qualche giorno dopo il fermo totale, sarei dovuto partire per uno stage d’allenamento preolimpico in America. Però è stato tutto cancellato e siamo rimasti per fortuna in Italia. C’è andata bene! Ho potuto passare la quarantena in famiglia. Con i miei genitori ho un bellissimo rapporto. Mi hanno adottato che avevo sette anni e mezzo. Sono due professori di matematica dell’Università di Siena, sono tosti e ragionano proprio da matematici. Avere due matematici in casa ti dà quel senso di responsabilità in più; a matematica poi sono sempre andato bene per questo”. Parla e sorride, felice. 

Yohanes da un anno frequenta il Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione e fa sempre parte dell’Arma dei Carabinieri.

Nel dettaglio, sorseggiando un caffè d’orzo, mi ha raccontato: “L’esperienza nei carabinieri è iniziata nel 2016 quando appunto sono diventato a tutti gli effetti un professionista. Fin a quel momento facevo atletica per passione e divertimento, e con l’ingresso nel gruppo sportivo dei carabinieri tutto si è concretizzato. Ringrazio il gruppo sportivo con tutto il cuore perché mi dà uno stipendio, mi supporta in tutto e per tutto e quindi mi permette di fare lo sport da professionista. È stata una decisione quanto mai azzeccata”.  

Allenamenti e studio; il tempo del dovere e quello del piacere. Riesce a far convivere il tutto: “Ho imparato a gestire il mio tempo fin da quando andavo alle medie. Sono sempre stato abbastanza bravo in questo, quand’è che dovevo studiare studiavo, quand’è che dovevo allenarmi mi allenavo. Ultimamente mi sto facendo degli schemi scrivendomi le cose da fare a certi orari, prima mi veniva tutto più spontaneo”. Prima di terminare la conversazione, si lascia andare ad una battuta sul tempo. Lo fa, con naturalezza, da figlio di matematici che poi, come si sa, sono filosofi: “Nella corsa è sempre una sfida contro il tempo, e poi in generale il tempo è un bene prezioso che deve essere saputo gestire”.

 

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