Quando i soldi non fanno la felicità | Globalsport
Top

Quando i soldi non fanno la felicità

Il PSG è caduto in un tunnel di esperienze europee fallimentari da cui sembra quasi impossibile riprendersi, vittima ormai di sé stesso e della indole di sperpero economico senza eguali. Eppure la soluzione a parte dei problemi sembrerebbe così ovvia...

Quando i soldi non fanno la felicità
Preroll

Redazione Modifica articolo

19 Marzo 2023 - 12.58


ATF

di Niccolò Righi

Ormai nel mondo calcistico il periodo tra marzo e aprile ha acquisito una consuetudine che sembra tornare ciclicamente di stagione in stagione: siamo in quel periodo dell’anno in cui il Psg è uscito dalle coppe dopo l’ennesimo fallimento dovuto ad un mercato faraonico. C’è già il toto nome a cui affidare la panchina del club da giugno (Zidane), c’è già una lista chilometrica di giocatori pronti ad accasarsi sotto la Torre Eiffel (Haaland, Salah, Bellingham e chi più ne ha più ne metta), ci sono già, ovviamente, i rumors più disparati e schizofrenici sul futuro di Mbappe, secondo i quali un giorno giura amore eterno al proprio club, e il giorno dopo è a spulciare il sito di ryanair per scovare i migliori voli Parigi-Madrid. Sempre lo stesso scenario, anno dopo anno, da dodici anni a questa parte.

Alla luce di questa ennesima batosta subita dal Bayern Monaco ci siamo perciò chiesti: com’è possibile che un club come questo, le cui risorse economiche sono pressoché illimitate, non riesca ad adottare una soluzione che parrebbe così lampante, da risultare quasi ovvia e banale?

Facciamo però prima un passetto indietro. Il Paris Saint Germain, pur essendo la squadra di Parigi, capitale della Francia e una delle città più rinomate al mondo, ha una storia piuttosto breve e non particolarmente costellata di successi. Nacque nel 1970 e nei suoi primi 40 anni di vita il bottino che riuscì a raccogliere fu mediamente discreto: 2 Campionati (1986 e 1994) e diverse Coppe di Francia, a livello nazionale, e una Coppa delle Coppe (1996) e una Intertoto (si tratta di una vintage Conference League, che il PSG sollevò nel 2002), a livello europeo. A ciò aggiungiamo il vanto di aver visto nei propri ranghi giocatori come Ronaldinho, Djorkaeff, Ginola, Weah, Pauleta e tanti altri. Non un passato leggendario, ma sicuramente di cui andare fieri.

La storia però cambia nell’estate del 2011, quando Qatar Investiment Authority rilevò il club parigino e Nasser Al-Khelaïfi divenne il nuovo presidente. La sensazione che nel calcio europeo stesse arrivando un altro colosso economico (dopo che Abu Dhabi United Group acquistò il Manchester City nel 2009) c’era, e di fatti la risposta non si fece attendere, con il club rivoluzionato da capo a piedi. Leonardo divenne il Direttore Sportivo, Blanc il Direttore Generale e Carlo Ancelotti l’allenatore. Solo il primo anno vennero spesi 107 milioni per 11 giocatori, tra cui Pastore, Thiago Motta e Sirigu che però non portarono che un secondo posto in Campionato alle spalle del Lille di Rudi Garcia.

Per questo motivo l’anno dopo gli acquisti furono di tutt’altro spessore. Arrivarono Ibrahimovic, Thiago Silva, Lucas Moura, Lavezzi, Verratti e Beckham. Furono 151 i milioni spesi e questo permise al club di vincere il suo terzo campionato e arrivare ai quarti di Champions, dove però venne eliminato dal Barcellona alla luce di un doppio pareggio. Un risultato, seppur negativo, che sembrava delineare un futuro vincente per il PSG, che per questo decise di rafforzarsi ulteriormente con Cavani e Marquinhos, e di separarsi da Ancelotti puntando su Blanc. La stagione però fu identica alla precedente, arrivò sì il titolo nazionale ma in Champions venne eliminata ai quarti, questa volta dal Chelsea, dopo che l’andata a Parigi era stata vinta per 3-1. È qui che iniziarono a prendere campo qualche mugugno e crearsi qualche critica, soprattutto per la gestione del mercato, che fino a quel momento stava portando per lo più giocatori offensivi. Per questa ragione venne acquistato il difensore David Luiz che, assieme a Thiago Silva, avrebbe ricreato la coppia di centrali del Brasile.

Le successive due stagioni passarono, con il copione che era sempre lo stesso: dominio totale in Francia e prematura uscita dalla Champions ai quarti di finale, con i giocatori che continuavano a susseguirsi senza una vera e propria logica: Di Maria, Kurzawa, Draxler, Guedes, Lo Celso e tanti altri.

Arriviamo quindi al 2018. Il secondo posto maturato nei gironi regala al PSG, per l’ennesima volta, l’incubo Barcellona, questa volta agli ottavi. L’esito però sembra essere diverso dai precedenti, e incredibilmente la squadra, che nel frattempo era stata affidata a Emery, si impose al Parco dei Principi con un rotondo 4-0. Il ritorno a Barcellona sembra una formalità, e anche quando il Barcellona sembrava potesse riaprire il discorso qualificazione il gol di Cavani del 3-1 al 62’ sembrava mettere definitivamente fine alla rimonta blaugrana, i quali avevano bisogno di 6 gol e che al 87’ erano ancora sotto per 3-1. Poi accadde una di quelle cose che sono difficili da spiegare se uno non l’ha vissute: tra l’88’ e il 95’ il Barcellona riuscì a segnare tre reti, vincendo per 6-1 e regalando alla squadra di Al-Khelaïfi una delle più grandi umiliazioni che si siano mai viste su un campo da calcio.

Come reagì il club ad una batosta del genere? Semplice continuando a fare quello che aveva fatto fino a quel momento, ma con ancor più fervore: spendere. Tra il 2018 e il 2022 sono arrivati tantissimi giocatori, tra cui Neymar, Mbappe, Paredes, Icardi, Hakimi, Donnarumma, Sergio Ramos fino al sogno proibito di ogni club del mondo: Lionel Messi.
Una rosa difficile da immaginare anche nei videogiochi ha preso pian piano forma in questo quinquennio, eppure l’esito europeo, che nel frattempo è divenuta una vera e propria ossessione, è sempre stato pressoché identico, con l’unica eccezione rappresentata dall’edizione del 2020 – “falsata” però dal Covid che la compresse in partite secche e non le classiche andata e ritorno – in cui riuscì a raggiungere la finale, che però perse contro il Bayern Monaco per 1-0, con gol decisivo di Coman, giovane ex francese che, ironia della sorte (ma non troppo), era stato perso a parametro zero qualche anno prima.

Arriviamo quindi alla questione centrale e a quella che, almeno per me, sembrerebbe una soluzione ovvia per cercare di invertire il trend. Se avete un po’ fatto caso ai vari acquisti che ho riportato alla luce fino a questo momento noterete sicuramente una cosa, una cosa che ho notato anche io e che mi ha spinto a fare questo articolo. Al Khelaïfi dal 2011 ad oggi ha acquistato 74 giocatori e solo di cartellini (senza considerare gli ingaggi) ha speso oltre un miliardo e mezzo di euro. Di questi 74, circa 60 non sono francesi. Sorge quindi spontanea una domanda: com’è possibile che il PSG, principale squadra francese della Ligue 1, non riesca – o voglia – comprare quasi nessun calciatore della propria nazionalità, soprattutto alla luce del fatto che al momento il campionato francese produce tra i migliori talenti in circolazione?

Nello specifico, la Francia tra 2016 e 2022 ha giocato, in ordine: finale degli Europei nel 2016, vinto il Mondiale nel 2018, ottavi di finale agli Europei 2021 e finale del Mondiale nel 2022. Una nazionale che, al netto delle debacle agli Europei, è considerata, con merito, la più forte del mondo. Ecco, durante questi anni di dominio dei “Blues” i giocatori del PSG a prendere parte alle varie manifestazioni sono stati: il solo Matuidi ad Euro 2016; Areola, Kimpembe e Mbappe ai Mondiali 2018 (con il primo mai impiegato e il secondo che giocò appena 90 minuti nel girone in tutto il torneo); gli stessi Kimpembe e Mbappe ad Euro 2021 e, infine, il solo Mbappe agli ultimi Mondiali giocati.

La soluzione quindi il PSG potrebbe averla sotto il naso ma non capiamo il motivo per cui non sembra voler perseguire quella strada. Cercare di mettere in rosa quanti più talenti francesi possibili, investire quei soldi di cui godono nel settore giovanile e, laddove non riescono ad arrivare prima su un giocatore, i fondi per poterselo accaparrare non gli mancherebbero di certo. Come mai se si pensa alle squadre che possiedono la maggior parte di talenti olandesi si pensa ad Ajax, PSV o Feyenoord, se si pensa alle squadre che possiedono la maggior parte di talenti portoghesi si pensa a Benfica, Porto o Sporting, e se invece si pensa alle squadre che possiedono la maggior parte dei talenti francesi si pensa a Lione, Marsiglia, Monaco o, ancora peggio, al Real Madrid?!

Native

Articoli correlati