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Juventus: è tempo di bilanci dopo la triste uscita dall'Europa che conta

Dopo l'eliminazione dalla Champions League, in casa juventina si cercano i colpevoli di questo amaro epilogo, ma la ricetta giusta è ripartire.

Juventus: è tempo di bilanci dopo la triste uscita dall'Europa che conta
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10 Marzo 2021 - 17.27


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In una notte così amara, come lo è stata ieri sera per la Juventus, c’è stata una sola “stella” che ha brillato inesorabilmente, ovvero Federico Chiesa, il quale, grazie alla sua doppietta e ad una prestazione quasi impeccabile, ha preso per mano la squadra in un momento in cui tutto sembrava perduto.

I facili entusiasmi, certamente, non devono prendere il sopravvento, specie perché siamo di fronte ad un ragazzo giovane, con ampi margini di miglioramento e sopraggiunto solo quest’anno nella flotta juventina: potrebbe provocare l’effetto contrario, infatti, caricarlo di eccessive responsabilità e soprattutto di troppe pressioni ma al di là di questo, tenendo a bada l’euforia, Chiesa si è confermato senz’altro un ottimo punto di ripartenza dopo la disfatta dei bianconeri.

Pochi si aspettavano che ieri sera la Juventus sarebbe uscita dalla Champions e, improvvisamente, è stato come un déjà vu nella mente collettiva: per il secondo anno di fila i bianconeri escono dalla competizione agli ottavi di finale, prima con il Lione e questa volta contro il Porto, due eliminazioni che hanno tuttavia dei tratti in comune; in entrambi in casi, infatti, la Juventus ha affrontato una formazione prettamente difensiva che ha messo in crisi la fluidità della sua manovra, e la reazione e le successive correzioni non sono poi riuscite a ribaltare il risultato nella gara di ritorno.

Nella partita di ieri sera i bianconeri erano riusciti a creare diversi presupposti offensivi già nella prima parte e, probabilmente, con un pizzico di fortuna in più avrebbero perfino potuto sbloccare il risultato.

Poi, però, è emersa qualche spia di allarme dal punto di vista difensivo, culminata nell’episodio del rigore causato da Demiral su Taremi; dopo lo svantaggio le cose per la Juventus si sono ulteriormente complicate, infatti il Porto si è chiuso nella propria metà campo vanificando la possibilità dei bianconeri di creare azioni pericolose.

Nel secondo tempo, tuttavia, la superiorità numerica dopo l’espulsione di Taremi ha senz’altro favorito l’assedio bianconero sulle catene laterali, donde sono scaturiti i due gol realizzati da Chiesa, ma al contempo però è mancato quel “quid” in più per chiudere la contesa, anche frutto forse di una lettura errata della partita.

Andrea Pirlo è al suo primo anno sulla panchina bianconera ed è qui che sta compiendo quella gavetta a cui sono chiamati tutti i vari allenatori che vogliono crescere e imparare; non è propriamente corretto attribuirgli colpe eccessive per traguardi che altri, neppure dopo anni di militanza, sono riusciti comunque a raggiungere. Tuttavia è reo di aver interpretato malamente una partita in cui, di fronte ad un’impostazione tattica come quella dei portoghesi, la Juventus avrebbe potuto optare per la ricerca maggiore di un fraseggio interno, invece di ricorrere ad una circolazione rapida della palla, e per un giocatore maggiormente risolutivo tra le linee, oltre ai due sugli esterni, senza attaccare, quindi, sul difensore più al centro.

Inoltre, la Juventus non è uscita dalla Champions solo per colpa di Ronaldo, la cui prestazione è stata sicuramente al di sotto delle aspettative (lampante, ad esempio, il suo errore in barriera sulla punizione che ha portato al pareggio del Porto), ma al contempo va tenuta in considerazione anche la possibilità che perfino lui possa tradire le attese. E’ vero che ha le sue responsabilità in quanto leader di questa squadra, ma non è l’unico colpevole poiché la Juventus ha giocato per più di un’ora con un uomo in più e in questo tempo poteva impegnarsi maggiormente, anche perché il Porto si è limitato a difendersi per lunghi tratti della partita.

Così come ai tempi del Real Madrid, anche l’intera manovra della Juventus è costruita in funzione di CR7 e dei suoi movimenti, poiché si è consapevoli dell’importanza e della bravura di questo giocatore acquistato anche per compiere quel salto di qualità in più proprio in Champions: la differenza, però, potrebbe nascondersi tra gli attori di questa manovra, ben diversi (sul piano del prestigio e dell’esperienza) da quelli di Madrid.

Pertanto, la colpa di questa triste eliminazione va probabilmente ricercata allargando lo sguardo verso una dirigenza che, forse, negli ultimi anni ha cambiato troppo compiendo scelte (anche di mercato) non sempre approvabili; verso un allenatore che ha mal interpretato la gara, seppur con l’alibi di una ancora scarsa esperienza; verso dei giocatori che complessivamente (non uno soltanto) potevano fare e crederci di più, specie nella partita d’andata dove la Juventus, probabilmente, si è giocata la qualificazione.

Visto l’evolversi degli eventi, questo anno calcistico potrà fungere da spartiacque per una Juventus che, dopo anni di successi, deve sicuramente ritrovare la sua identità: nel frattempo c’è una finale di Coppa Italia da giocare e una lotta scudetto ancora aperta, anche se l’Inter appare favorita.

La Champions è una maledizione? Forse sì, ma al di là dei preconcetti è necessario un progetto e un lavoro approfonditi per ripartire e costruire una squadra solida che non si affidi solo alla bravura del singolo, ma ad un gruppo coeso, forte e determinato: solo così quel traguardo, forse, potrà essere meno impossibile.

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