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Da juventino brindo per lo scudetto, ma poi divento pensieroso

Questo campionato giocato in fretta e furia con gli stadi vuoti è finito per diventare solo un gran caravan serraglio per il sistema mediatico con le televisioni tutte

Da juventino brindo per lo scudetto, ma poi divento pensieroso
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27 Luglio 2020 - 19.25


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di Maurizio Boldrini

 

Godo. Ogni iuventino che si rispetti gode per questo ennesimo trofeo con il quale si cinge la testa, la società bianconera. Godo, brindo e poi, però, divento pensieroso. Non mi capitava da tanti anni. Vincere fa bene alla salute, stravincere sempre lo stesso titolo può provocare qualche inaspettato mal di pancia. E’ come quando si mangia sempre la stessa ministra, alla medesima tavola, con gli stessi invitati che non si mostrano mai affamati e pronti a sfilarti il piatto dalla vorace bocca. Anche quando il padrone di casa si mostra svogliato e finalmente pronto a concedere qualche lauto pasto anche agli avventori di turno.

Pensate alla Lazio di quest’annata orribile biancoceleste o al Napoli di qualche tempo fa. Dell’Inter uno iuventino vero non scrive né dice niente. I convitati si mostrano, così, di solito contenti di quel che passa il convento e, solo sotto sotto, maledicono quell’ingorda signora. Il guaio è che a magiare sempre la stessa minestra alla fine può far diventare inappetenti gli stessi iuventini. 

Il nono scudetto si prestava a titoli trionfanti: troppo facile evocare la Nona, la sinfonia intendo, e lasciare andare il solito titolo stereotipato. Come si fa, quest’anno, a considerare il nono scudetto (la nona, nel rimando retorico) come un inno alla gioia? Questo campionato giocato in fretta e furia con gli stadi vuoti è finito per diventare solo un gran caravan serraglio per il sistema mediatico con le televisioni tutte, servizio pubblico incluso, intente a sfruttare l’occasione per far cassetta con la pubblicità e cercare improbabili aumenti di audience con chiacchiere che si aggiungevano a chiacchiere, con una parlantina che avrebbe fatto impallidire anche i velinari della prima repubblica. Così facendo si corre il rischio di cambiare segno al gioco che amiamo. Di intaccarne le sue profonde radici popolari. Lo stesso direttore del giornale più bianconero che ci sia, Xavier Jacobelli, si limita a titolare il proprio commento con un freddino “Nella storia per forza d’inerzia e per grazia di CR7”.

Per le strade si son visti pochi vessilli; nei club si è stappato qualche spumante; nei commenti sono prevqlse tante inutili dispute su Sarri, il malcapitato Sarri, nella stagione più nera e meno bianconera del decennio. Aspetterò a gioire con convinzione. Aspetterò la prossima abbuffata di partite, quelle della Grande Coppa da noi così tanto desiderata. Aspetterò di vedere gli stadi aperti, godendo nell’ascoltare i cori dei tifosi sugli spalti, per gioire con convinzione. Aspetterò che il calcio torni a essere calcio, per gioire. Molto ho goduto in questo decennio con scudetti che si susseguono da quel lontano 2011: uno, due tre  e via numerando. Fino a quest’ultimo. Evviva: godo. Con moderazione, molta moderazione. E spero che i lettori, anche quelli bianconeri, ne colgano i profondi motivi. 

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