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Scomparso Luciano Gaucci, il presidente che ingaggiò Gheddafi jr. in attacco

L'ex proprietario del Perugia è morto a 81 anni dopo una lunga malattia a Santo Domingo. Lasciando il ricordo di una storia calcistica fatta di intuizioni e uscite bizzarre.

Scomparso Luciano Gaucci, il presidente che ingaggiò Gheddafi jr. in attacco
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2 Febbraio 2020 - 11.06


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Di Emilio Scibona

Dire che con la morte di Luciano Gaucci se ne vada uno dei personaggi che ha maggiormente influenzato la storia calcistica recente può sembrare una boutade: non lo è assolutamente andando a rileggere quella che è stata la sua vita da presidente.

Di questa si ricordano in maniera principale quei momenti di inconsapevole trash che riecheggiano nella memoria collettiva e fluttuano nella grande videoteca chiamata internet: la litigata furiosa con Vincenzo Matarrese al termine di un Perugia-Bari 2-1 nel 1999; le sfuriate contro il povero Roberto Baronio colpevole di vestire la iellata maglia numero 13; il licenziamento via giornali e media di Ahn, colpevole di “Aver causato la rovina del calcio italiano” in quanto autore del golden gol nel (controverso e dimenticabile) ottavo di finale ai Mondiali 2002 contro la Corea del Sud. Tanto per citare quelli più mainstream.

A determinarne l’ascesa nell’empireo calcistico tanto fu il registro comunicativo eccentrico quanto le fortune di quel Perugia, costruito con l’applicazione sistematica dello stesso criterio che lo aveva portato a comprare Tony Bin, il cavallo che contribuì a fare le sue fortune economiche. Ovvero scovare il talento a dove nessuno lo cercherebbe. Ciò si è tradotto in notevoli intuizioni: alcune sono state eclatanti come Materazzi, Nakata, Liverani, Grosso, Kalac, Miccoli e l’ingaggio da allenatore di Serse Cosmi; altre “semplicemente” buone come i Bazzani, Vryzas, Pieri, Di Loreto. L’altra faccia della medaglia è data dai vari Samereh, Loumpoutis, Ma Mingyu e soprattutto Saadi Gheddafi, figlio del rais libico Muhammar, che riuscì a farsi squalificare per doping senza scendere in campo.

Quanto scritto sopra già di per sé costituisce una traccia notevole ma la già citata storia del calcio italiano Gaucci non l’ha propiziata nella pur iconica parentesi perugina ma in altri ambiti nei quali fu presidente. L’ha fatta direttamente alla Viterbese, nella quale da presidente ingaggiò come allenatore Carolina Morace, prima donna ad allenare una squadra maschile; l’ha fatta incidentalmente a Catania. Anno di (supposta) grazia 2003. L’utilizzo considerato irregolare del difensore Luigi Martinelli in un Siena-Catania 1-1 che a conti fatti valeva punti decisivi per la salvezza in cadetteria divenne alla fine un caso mediatico che tenne il banco per tutta l’estate a colpi di ricorsi incrociati al TAR, il cui effetto fu quello di trasformare a causa del blocco delle retrocessioni in B, i due principali campionati italiani nel format attualmente in uso.

A suo modo fu dunque un uomo di rottura nel calcio italiano, dal quale dovette “scappare” nel 2005 dopo il fallimento del Perugia e le correlate traversie legali che lo portarono a rifugiarsi verso Santo Domingo, località nella quale si è stabilito anche dopo la concessione dell’indulto che gli consentì di poter rientrare in Italia nel 2009. Senza lasciarsi andare in (a questo punto superflui) giudizi etico-morali su una storia che ha diverse pagine controverse bisogna riconoscere che sia stato uno dei personaggi più emblematici di quel periodo calcistico folle sotto diversi punti di vista e forse anche per questo rimasto impresso nella memoria collettiva.

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