Un'Italia giovane e coraggiosa non sfigura contro gli All Blacks: all'Olimpico finisce 9-47

A Roma l'Italia regge sessanta minuti sfiorando anche una meta: poi nella ripresa la forza della Nuova Zelanda si fa sentire. I nove punti messi a segno interamente da Garbisi

Un'Italia giovane e coraggiosa non sfigura contro gli All Blacks: all'Olimpico finisce 9-47
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6 Novembre 2021 - 16.09


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Un confronto da sempre impari, ma affascinante.

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Gli All Blacks sono gli All Blacks, ma l’Italia per lo meno ha un futuro davanti a sé. La sfida dell’Olimpico finisce 9-47, sette mete a zero. La Nuova Zelanda firma la sedicesima vittoria in sedici scontri diretti ed è logico che finisca così. Però alla fine della partita i ragazzi di Crowley si vanno a prendere gli applausi dell’Olimpico e sono meritati, perché una squadra nuova, con un nuovo giovane leader – Michele Lamaro ha 23 anni – con tanti ventenni nei posti chiave – Varney, Garbisi – combatte e si merita il rispetto degli avversari, esattamente ciò che le veniva chiesto alla vigilia.

Per sessanta minuti, finché ne hanno, gli azzurri difendono con voglia e perizia, impongono in avanti e falli ai migliori al mondo, pongono loro dei problemi. Poi si spegne la luce, finiscono le forze e il punteggio si allarga. Ma in attesa dei due test veramente probanti di questo novembre- sabato 13 a Treviso con l’Argentina e sabato 20 a Parma contro l’Uruguay -, la sensazione è quella di un gruppo vero, con dei leader, dei giocatori di livello – Lamaro, Garbisi, Varney ma anche Ioane, Brex, le prime linee – e un’identità su cui si può costruire.

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L’Olimpico non è affatto pieno, il dato ufficiale è di circa 30.000 spettatori ma sembrano meno. L’inizio è struggente, con la chitarra di Jacopo Matrangelo – il ragazzo che commosse il mondo durante il lockdown suonando dai tetti di una piazza Navona deserta – in campo, a riproporre il Debora’s Theme di Morricone. Dopo l’attesissima haka, guidata da Dane Coles, si comincia.

Nei primi venti minuti gli All Blacks subiscono sei calci contro, la maggior parte nel gioco a terra, e perdono sei possessi nel gioco aperto. Non succede per caso, ma perché la diga difensiva pensata da Goosen e tradotta in campo dagli azzurri funziona come si deve: due uomini al placcaggio, pressione costante e continua. Brex, Lamaro, Riccioni, Sisi, Zanon e tanti altri si esaltano negli impatti, nel gioco a terra gli azzurri sono presenti e così gli All Blacks perdono possessi. Lamaro “sente” il flusso della partita e per due volte decide di mandare in touche calci piazzabili, ma dentro i 22 la maul azzurra non avanza di un centimetro e al largo si indietreggia; nel secondo caso, poi, viene persa la touche.

È un’Italia sicuramente imperfetta, imprecisa nella rimessa laterale (tre perse), ma ha fame. C’è anche l’illusione della meta, con Ioane che su una situazione di vantaggio sfrutta una palla di recupero, ma un in avanti di Minozzi sulla raccolta al volo del pallone vanifica tutto. E così al 27’ il punteggio è ancora 0-0: pochi ci avrebbero creduto. La prima crepa si apre al 28’: Riccioni deve uscire per una ferita e in chiusa deve dare spazio a Ceccarelli, che entra freddo. La chiusa azzurra a 10 metri dalla meta è travolta, Christie raccoglie il pallone e firma la prima meta. La seconda arriva pochi attimi più tardi con il tallonatore Coles, uno dei veterani, che sfonda dalla maul.

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Siamo 0-14 e si vede una prima azione offensiva significativa degli azzurri, con Minozzi che mette pressione a McKenzie, non si fa ubriacare e alla fine impone il tenuto, per il calcio che Garbisi manda tra i pali. Il tempo potrebbe finire così, ma Giammarioli poco fuori dai 22 difensivi ha un momento di timidezza e si fa imporre il fallo. Gli All Blacks vanno in touche e dalla maul è ancora Coles che si fionda in meta: 3-21. C’è ancora un minuto e l’Italia ha il merito di sfruttarlo: pressione a terra dentro i 22, Coles fa fallo, Garbisi può firmare il calcio del 6-21 con cui si chiude il tempo.

La ripresa inizia con gli All Blacks che iniziano a schiacciare sull’acceleratore. Per venti minuti la diga tiene ancora, al 4’ si conquista un calcio per fuorigioco degli All Blacks che viene sprecato da una touche “furba” giocata male dentro i 22 d’attacco. Ioane si esalta in difesa (tiene alto Coles al 10’, evitando la meta) e riesce a trovare anche qualche break.

Al 16’, quando l’Italia ferma una lunghissima azione multifase e alla fine forza anche il tenuto del calcio, l’Olimpico si spella le mani e Garbisi centra anche il calcio del 9-21. Ma è il canto del cigno. Perché lo stesso Garbisi, sfinito, esce per crampi sostituito da Canna, e anche Varney deve lasciare il posto a Braley. In generale gli azzurri, che non hanno la stessa panchina lunga, patiscono un calo fisico evidente. Lamaro sprona i compagni che però, semplicemente, dopo una partita di enorme sacrificio non ne hanno più.

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E allora si aprono le cateratte, dal cielo e in campo: volano in meta il tallonatore di riserva Aumua per due volte, ma anche Reece e Sotutu. Il divario inevitabilmente si allarga a proporzioni più attese alla vigilia, fino al finale di 9-47. Una lezione pesante per un’Italia giovane, che però si è guadagnata il rispetto.

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