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Stankovic: “A Madrid Mourinho ci disse solo entrate e vincete”

10 anni fa l’Inter sul tetto d’Italia e d’Europa. È stato intervistato l’ex nerazzurro che fu uno dei protagonisti di quella bella pagina di storia.

Stankovic: “A Madrid Mourinho ci disse solo entrate e vincete”
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22 Maggio 2020 - 12.12


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Dieci anni dalla notte di Madrid.
Dieci anni dalla finale di Champions contro il Bayern Monaco che portò l’Inter di José Mourinho a completare il Triplete, prima e finora unica squadra italiana a riuscirci.
“Non lo farà più nessuno” profetizza Dejan Stankovic, il Drago.
“Che immagine mi resta del 22 maggio 2010? La coppa sul piedistallo, dopo la partita, prima che Javier potesse alzarla al cielo. La guardavo e piangevo. Dovevo distogliere lo sguardo, oppure singhiozzavo. Era troppo bella. A Madrid portai mezza Belgrado: 170 amici e parenti. Anzi 169, perché un biglietto l’ho tenuto come ricordo. Cos’altro ho conservato di quella notte? L’abbraccio con Mourinho. Non ci dicemmo nulla. José aveva parlato prima della partita, e tanto bastava. Cosa disse negli spogliatoi? Le finali sono fatte per essere vinte. Entrate e vincete. Non aggiunse altro. Molti di noi erano grandi, all’ultima occasione”, è il ricordo di Dejan Stankovic in una intervista a ‘La Repubblica’.
“A unirci erano il calcio, un leader indiscusso in panchina e un papà buono in tribuna. Che rapporto con Massimo Moratti? Quando ero alla Lazio sentivo i giocatori dell’Inter parlare di lui. Pensavo fossero ruffiani, lecchini. Quando l’ho conosciuto, ho capito: nessuno ama una squadra come lui ama l’Inter”.
La forza di quella squadra era il gruppo.
Oggi Stankovic allena la Stella Rossa Belgrado, la squadra per cui tifava da bambino.
“Il mio sogno da piccolo era fare gol al Partizan. L’ho fatto a 17 anni, in finale di Coppa di Serbia. A quel punto ho dovuto inventarmi altri sogni, ed eccomi qui”.
Primi con 11 punti di vantaggio.
Quando ricomincia il campionato? Il 29 maggio. Se vinciamo contro il Rad, siamo campioni. Siamo in corsa anche per la coppa nazionale. Ci alleniamo da tre settimane. Come è stata affrontata l’emergenza coronavirus in Serbia? Spiegare a un popolo che ha vissuto la guerra che deve stare in casa per un virus è stato complicato. Ma quando l’abbiamo capito, in 45 giorni ne siamo venuti fuori. I serbi sono capaci di grande disciplina. Allenare l’Inter? Mi piacerebbe certo, è casa mia. E sono contento che Inter e Lazio siano lì su in classifica. Sinisa mi ha insegnato a non mollare. Ci sentiamo tutti i giorni, è più di un fratello, è padrino dei miei tre figli”.

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